Caceres, ventritre anni prima.
Volevano la tangente e la corruzione doveva avere luogo. Con vantaggio per tutti.
Se avessi rifiutato, avrei sentenziato la mia solitudine.
Caceres è una città dell’Estremadura, di pietra e di giardini. Siamo arrivati di sera dopo un lungo viaggio in auto di oltre duemila chilometri ed abbiamo incontrato subito una città frastagliata da palazzi bellissimi che mescolano lo stile del rinascimento italiano ad elementi islamici e al gotico spagnolo.
Per Manetta e Novoa il problema era trovare un albergo abbastanza di lusso: il Castello del Parador poteva andar bene. Poi la cena. La scelta cadde su un ristorante antico. Camerieri in livrea ci porgevano piatti prelibati e vino d’annata.
Eravamo lì per un progetto. Come editore, avevo vinto una gara per realizzare un grande sito web, un portale e un libro sui menhir, misteriose statue di pietra, la cui comparsa in Europa risale a 3000 anni prima di Cristo. I soldi venivano dall’Europa e transitavano per i territori che ne erano partners.
Tra questi vi era anche Caceres.
Il giorno dopo era fissata la riunione con tutti i rappresentanti dei Gal europei che partecipavano al progetto. Dovevano firmare la convenzione e girare i soldi al Gal della Lunigiana, la struttura capofila, quella che gestiva i conti. Manetta e Novoa erano due funzionari del Gal della Lunigiana ed erano incaricati di seguire la parte amministrativa del progetto. La cena andò benissimo. Fino al cognac.
Dopo il cognac, Novoa guardò Manetta, scoprendo il piano. Lui cambiò umore e partì. A voce grossa.
“Guarda, se non ci dai la nostra parte, noi domani la convenzione non la firmiamo.”
Il meraviglioso stufato di agnello con le lenticchie aveva appena superato l’imboccatura del mio stomaco e cominciava a cambiare direzione.
“Che devo fare?” chiesi.
“Devi darci la nostra parte.”
Parlava Manetta, ma il suo pensiero pareva ipnotizzato da Novoa. Semplicemente, con qualche occhiata.
“Va bene”, sospirai pensoso.
“La nostra parte è quindici milioni di lire, a testa”.
“Va bene” e non dissi più nulla.
Manetta è un tipo da sorvegliare. Lo sapevano bene nel suo giro. Era preso dal desiderio di apparire, per questo era pericoloso. I suoi miti erano Petriccioli, il coordinatore, il presidente, il commercialista del Gal. Lo portavano nei ristoranti chic e con una cena lo affascinavano. Poi lui per giorni raccontava in ufficio dei piatti prelibati, del vino doc bevuto in compagnia dei suoi idoli.
Tutti sapevano che Manetta non era un genio, era un pizzico arrogante (molto quando richiedeva la tangente), non troppo interessato ai temi della cultura. Ma aveva altri pregi, ben più rilevanti: era un burocratino indottrinato, fedele, affascinato ed ossequioso verso il potere.
Dopo il ristorante, cominciò l’esplorazione del centro storico di Caceres, affollato di movida, di pub, di bella gente. Io ero un po’ turbato. Novoa se ne stava in silenzio e osservava attraverso gli occhi di Manetta, al quale ogni tanto sussurrava qualcosa a bassa voce.
Stavo pensando a quello che era successo a fine cena e non riuscivo a digerire l’agnello con le lenticchie, che poco prima mi era sembrato insuperabile. Soprattutto non sapevo cosa fare. Per distrarmi guardavo le belle ragazze che mi passavano davanti agli occhi.
Nella rappresentazione della bellezza ognuno di noi da forma alla proprie idee platoniche. Anche la corruzione ha una sua bellezza. Nella corruzione c’è una bellezza perversa che va scrutata se si vuole capire fino in fondo che cosa è veramente: perversione, ma anche bellezza.
La corruzione è un problema teologico più complicato del problema del male. L’atto della corruzione è un’esperienza che rivela ogni volta una nuova porzione di vertigine. L’orgasmo che il corrotto prova nel momento preciso in cui la tangente passa di mano è un’esperienza irripetibile. La corruzione non è mai uguale a se stessa, è un momento che non si può immaginare in anticipo.
Mi domandavo: come sarà la loro mimesi facciale nel momento in cui riceveranno la tangente? Quale sarà lo spasmo della loro bocca? Quanto sudate saranno le loro mani nel momento preciso in cui riceveranno i contanti? Quali parole accompagneranno l’atto? Che livello di ipocrisia trasparirà nell’ultimo angolo della loro coscienza eccitata?
L’atto della corruzione non è solo un momento in cui ci si arricchisce illecitamente. È soprattutto un momento in cui si gode illecitamente. Probabilmente ogni volta in maniera inedita.
In quel grande buco metafisico si cela il mistero della corruzione.
Tornato in albergo a tarda notte, mi sentivo umiliato. Mi avevano fatto sedere ad un tavolo e mi avevano fatto accettare un patto, dal quale però ero attratto come da una vertigine. La mia debolezza mi sembrava ripugnante.
Non riuscivo a dormire. Finchè ebbi un sussulto, un colpo di reni. Decisi di partire subito, in piena notte, senza avvisare i miei compagni di viaggio.
A Caceres Manetta e Novoa erano arrivati insieme a me, con la mia auto. Alla mattina scoprirono di essere rimasti a piedi. A oltre 2000 chilometri da casa.
1. Continua
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