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LA MAGIA IN LUNIGIANA
Anche in Lungiana molte persone si rivolgono a sensitivi, cartomanti, esperti in magia, lettori di tarocchi. Siamo andati a cercarli. Da questo viaggio nella magia lunigianese abbiamo redatto la mappa che segue
 
15 novembre 2019
La magia in Lunigiana
Viaggio tra i maghi della Lunigiana
Si tratta di un'inchiesta già pubblicata su Lunigiana la Sera. Ve la riproponiamo. Con qualche aggiustamento
 
Giuseppe Bruciaferro
 

In Lunigiana la magia esiste ancora. Non come ritomo all'irrazionale, ma come retaggio di una cultura che sopravvive. E non per arretratezza, ma perchè condizioni naturali ed etniche ne hanno consentito la sopravvivenza.
Pensiamo alla natura, in Lunigiana così rigogliosa, pensiamo ai boschi silenziosi e misteriosi. Le storie dei vecchi, in alcune zone, li popolano ancora di folletti, esseri più dispettosi che maligni. A volte uscivano dal folto della macchia per sollevare in un turbine e spandere il fieno già accatastato. Pensiamo ai vecchi racconti di streghe che si riunivano in certe notti sotto castagni secolari, che ancora oggi a guardarli sembrano messi lì apposta.
E soprattutto pensiamo alla popolazione contadina, per secoli lasciata a se stessa a strappare la sopravvivenza alla terra. La malattia di un capofamiglia poteva significare la rovina, sino a poco tempo fa. Ma non c'erano medici e le cause delle malattie erano ignote. E allora, per non darsi per vinti, bisognava lottare anche contro l'ignoto. Ma come? Attraverso il tentativo di coinvolgere nella lotta contro il male tutte le forze benigne che l'uomo conosceva: santi, divinità, erbe medicamentose, preghiere e gesti riuniti insieme a formare un rito misterioso che potesse sconfiggere le forze occulte del male.
Mistero contro mistero, arcano contro arcano: magia.

Viaggio tra i maghi della Lunigiana
Se la bella addormentata nel bosco, invece di addormentarsi in un'imprecisata e sconosciuta foresta, si fosse addormentata in una selva di casa nostra, si sarebbe evitato un sacco di guai. Per lei, che non avrebbe dovuto dormire così a lungo nell'umidità di una pineta, e soprattutto per il principe di turno.
Racconta infatti la favola che il malcapitato ne passò di tutti i colori per poterla svegliare. Gli toccò combattere anche con un drago che sputava fuoco e alla fine, ricompensa della ricompense, si dovette sposare con la principessa risvegliata. Speriamo per lui che sia stata davvero bella.
Da noi in Lunigiana, dicevamo, sarebbe stato più semplice. Bastava cercare qualcuno che fosse capace di sciogliere l'incantesimo. Niente di più facile: dalla Cisa all'Aulella, dall'Orsaro al Passo dei Casoni non ci sarebbe stato che l'imbarazzo della scelta.
Maghi e magie di ogni tipo, due parole, due gesti e la principessa sarebbe stata sveglia più che dopo quattro caffè. Niente battaglie, niente draghi, niente matrimonio.
Più lieto fine di così....
Ma lasciamo da parte le favole e le principesse. E' proprio vero che la Lunigiana è tanto popolata da negromanti, stregoni e maghe?
La risposta, in un certo senso è si. Niente di drammatico, per carità. Nessuno corre il pericolo di essere tramutato in rospo da una strega o di rimanere stecchito mangiando una mela offerta da una vecchina. Anzi, la magìa nostrana serve soprattutto per liberare dagli incantesimi, oltre che a tante altre cose. E che la si neghi a priori, che si dubiti, che si creda senza condizioni la magia accanto a noi esiste comunque.
Lasciamo quindi raccontare ai diretti interessati questa storia di casa nostra. Siamo andati a cercare i personaggi più emblematici e conosciuti, gli esperti più accreditati.

ll mago di Bagnone
Aspetto fiero, mascella forte, sguardo magnetico, fronte alta. Aggiungiamo una gestualità rapida e perentoria, un parlare deciso, e ai non più giovani verranno in mente gli attributi con cui amava essere descritto l'ex maestro di Predappio, poi duce a (quasi) tutti gli effetti.
Niente paura, per carità, non stiamo parlando di quello, stiamo parlando molto più semplicemente del «Il mago di Bagnone», esperto in magia: occhio e talismani, diagnostico intuitivo, terapeuta rituale. Del fondatore dell'impero conserva, come dicevamo, una vaga somiglianza a prima vista. Niente altro in comune.
«Il mago di Bagnone» è un simpatico signore che, per numero di anni potrebbe essere definito anziano ma che per portamento e personalità ricorda molto di più un giovanotto. Uomo di pochi preamboli, già prima di stringerti la mano formula una diagnosi passandoti da parte a parte con due occhi penetranti come raggi X.
Ti conduce nella ex cucina che ora gli serve da studio. Qui, servendosi sia di quell'apparecchio radiologico che ha al posto degli occhi (e che non spegne mai), sia dell'imposizione delle mani, scruta e ascolta. Se c'è qualcosa che non va, non può sfuggire: cuore, fegato, sistema nervoso e pancreas gli appaiono come freschi di stampa su un libro di anatomia. La cura? La cura è semplice a base di diete e regole igeniche, sempre che si tratti di causa organica. Perchè potrebbe invece dipendere tutto dallo sguardo lasciato da qualcuno: il famigerato malocchio.
Anche per questo basta andare a vedere. Piatto pieno d'acqua in testa, olio versato dentro l'acqua, formula rituale. Un sospiro di sollievo! Nel piatto galleggiano tre gocce d'olio perfettamente integre. Niente malocchio.
"Perchè in caso contrario?" domandiamo.
"In caso contrario nel piatto al posto delle tre gocce d'olio vi sarebbero cani, gatti, rospi e mostri da far paura. Non veri s'intende, solo la forma."
"Ah, beh..."
Se l'olio fa qualche brutto scherzo, «Il mago di Bagnone» ha la cura pronta: un ramoscello d'erba particolare passato sul viso, la formula magica e attenzione a non guardarlo negli occhi mentre opera perchè il malocchio resterebbe peggio di prima. Che poi questo malocchio non è che sia trasmesso volutamente, per carità, solo che ci sono persone con lo sguardo troppo forte a cui scappa senza volerlo l'incantesimo. Chiediamo come ha fatto a sapere tante cose. "Dalla tradizione popolare, dai vecchi di una volta”.
E' ora di andare e come siamo abituati a fare dal dentista o dal medico chiediamo il conto. Non se ne parla nemmeno, niente soldi, niente compenso, niente di niente, ci mancherebbe. Anzi per finire un pezzetto di oppio per portafortuna.
Come ha detto, prego? "Si, oppio, oppio maschio. Una pianta, un pezzo di legno". Niente a che vedere con i campi di papaveri asiatici. Meno male!
E di buon grado ci mettiamo in tasca il frammento di ramoscello che non dovremo mai perdere, pena un destino a precipizio. Una stretta di mano vigorosa, un augurio, e un sorriso sono il commiato.
Ce ne andiamo pensando che non si può non provare simpatia. Soprattutto se tornano alla mente certi "maghi" cittadini dai nomi esotici, che dalle pubblicità ci promettono di trasformare il (nostro) vile denaro in prodigiosa prosperità. Per loro naturalmente.

La Fatina di Villafranca
Da Bagnone scendiamo verso Villafranca. Abbiamo appena appreso che siamo tutti a rischio di malocchio. La cosa ci preoccupa. Lasciamo perdere per un po' l'argomento e ci prepariamo alla seconda sosta, dove di malocchio non se ne dovrebbe parlare.
Ce l'hanno descritta come una buona fatina, e a guardarla, l'immagine è azzeccata.
Piccola, minuta quando sorride trasmette dolcezza. Una vita passata a tirare su i figli, poi ad assistere il marito ammalato. Tanti anni fa sua madre, in punto di morte, le lasciò le uniche cose che aveva: formule segrete, descrizioni di riti strani e alcune preghiere. Con quei cerimoniali, si diceva nelle campagne circostanti, si potevano guarire certe malattie. "Venivano da tutte le parti per farsi segnare - dice la signora - e io cosa potevo fare? Ho provato. Non chiedetemi come e perchè, ma il fuoco sacro, la risipola e la crosta lattea dei neonati, sparivano davvero. Così ho continuato a farlo. " E racconta di come l'usla (la stipa) caccia il fuoco di S. Antonio che "è di nove tipi." E bisogna sapere di che tipo è, se no si sbaglia formula e non se ne va mai più".
L'ora indicata per togliere i mali è quella della Ave Maria e oltre alle formule bisogna anche pregare.
A proposito di formule gliene chediamo qualcuna. La vediamo in imbarazzo, titubante. Si vede che le spiace non poterci accontentare. Poi come una bambina risponde. "Mia mamma mi ha raccomandato di non rivelarle mai a nessuno".
L'innocenza della risposta ci toglie ogni possibilità di insistere. Mentre la salutiamo ci viene in mente un ricordo di quando eravamo bambini. Nelle favole, fra draghi e orchi paurosi, c'era qualche volta una vecchina buona. Chi la incontrava, in genere, passava indenne fra pericoli e avventure. Speriamo che sia vero perchè la prossima tappa del nostro viaggio si presenta perlomeno misteriosa.

La Maga di Malgrate
C'è una casetta bassa, anonima, che passa quasi inosservata fra le altre sparse nella pianura dominata dal castello di Malgrate. Intorno campi, orti, filari di viti. E tanto silenzio. Intorno alla casetta un piccolo giardino recintato, un cancello sempre chiuso, nessun segno di vita. Le finestre hanno le persiane chiuse. Meno una che, oltre i vetri, è schermata da una spessa tenda. Proviamo a suonare: la tenda si muove impercettibilmente. Qualcuno ci osserva. Passa forse un minuto la porta si apre e una donna di mezza età si fa sulla soglia. Un cane minuscolo ci corre incontro abbaiando. Sembra che ce l'abbia con noi. L'abbaiare del cane ci impedisce di sentire le prime parole della donna. Finalmente il cane tace. "Qui non c'è niente da scrivere." Sentiamo dire, mentre la donna si avvicina. L'esordio ci spiazza, vuoi vedere che... la signora sa già il motivo della nostra visita?
Eppure non ci sembra di averlo scritto in faccia, nè di averlo detto a nessuno. Un po' ncreduli cerchiamo di aggirare l'ostacolo e di metterla alla prova. Tentiamo: "Credo di avere il malocchio... sappiamo che lei è molto brava..."
Niente da fare, la risposta è che certe cose non si devono scrivere.
La donna ci osserva, con un sorriso non proprio benevolo.
Ci sentiamo scrutati anche dentro, nelle intenzioni, nei pensieri. Non sappiamo se essere impressionati o metterci a ridere. Ci sembra così assurdo. Comunque tiriamo diritto e le chiediamo come fa a togliere il malocchio. Silenzio.
E' vero che usa questa formula?:
"Malocchio vai, come sei arrivato/ negli occhi di chi mi ha guardato./ Questo segno in nome di tutti gli angeli buoni/ ti mandi giù da tutti i demoni./ Sotto la terra/ giù nel buio/ luce non venga per sempre in nome di dio."
La donna continua a guardarci, forse chi tace acconsente.
Altra domanda: 'E vero che, nei casi difficili, invia una ciocca di capelli ad uno "stregone" di Genova?"
Questa volta la risposta arriva ed è un chiaro invito a lasciare perdere, a non voler sapere "certe cose che è meglio non sapere". Poi la signora torna in casa e richiude la porta. Il cane ricomincia ad abbaiare.
Cose che è meglio non sapere, formule misteriose: la sensazione è quella di esserci imbattuti in qualcosa di differente dai riti casalinghi, dalle segnature alla buona con filastrocche in dialetto. E infatti voci raccolte qua e là parlano di persone che vengono da molto lontano per farsi segnare, parlano di guarigioni miracolose, e confermano la notizia già raccolta di diagnosi eseguite con l'aiuto di uno stregone molto potente che abita a Genova.
Ma come? Contatti telepatici, fluido a distanza? Niente di tutto questo: una ciocca di capelli del paziente viene spedita per posta a Genova. Li un personaggio tanto misterioso quanto esperto in magia, esegue una analisi che rivela eventuali malattie.
Una curiosità: l'analisi dei capelli ai fini di individuare tracce di malattie organiche è praticata anche dalla medicina ufficiale.

Il Fuoco sacro o di Sant'Antonio
Lasciamo i misteri. Lasciamo i misteri di case solitarie, stregoni che interrogano i capelli e raggiungiamo nel nostro viaggio Licciana Nardi. Qui incontriamo una rappresentante del mondo magico rurale veramente schietta e sincera. Verace, direbbero a Napoli.
La signora è simpaticissima. Dopo le prime resistenze a rivelarci i segreti delle sue formule (ha una teoria molto intelligente sull'opportunità o meno di rivelarle) decide di non farsi troppi problemi e di accontentarci.
La sua specializzazione? Il fuoco sacro o fuoco di Sant'Antonio . Il suo metodo per sconfiggerlo? L'acqua e i rametti di stipa. Ma come? La signora non è adatta a perdersi in spiegazioni complicate anche perchè pare non abbia molta fiducia nelle nostre capacità di capire e quindi senza perdere tempo ci fa vedere, in diretta, lo svolgimento del rito.
Prima di tutto i rametti di stipa. Li conserva fuori, in cortile riuniti in un mazzo. Si tratta, molto semplicemente di una scopa. Si, proprio una scopa, di quelle per spazzare le strade. Attenzione, però, l'attrezzo deve essere vergine, mai usato. La signora ride, mentre dispone i tre mazzetti di stipa, di tre arbusti l'uno, di fronte ad una tazza d'acqua. Le pare strano e divertente che a qualcuno interessi la sua magia domestica. "La stipa serve per spazzare via il male - spiega -, l'acqua per lavarlo via".
E, dopo aver bagnato un rametto nell'acqua, comincia a recitare:
"Acqua corrente/ fa passar 'sta fiamma ardente/ se l'è o se non l'è/ fa passar quello che è./ Dolce cuore di Gesù/ questo male non venga più/ dolce cuore di Maria/ questo male vada via."
E intanto segna una croce col rametto sulla parte ammalata. Tre volte per tre giorni, in otto giorni il fuoco è venuto e in otto giorni se ne andrà.
Ma è così sicuro? Punta sul vivo, racconta di quella signora ricoverata a Písa e guarita da lei in uno sgabuzzino dell'ospedale, di nascosto, all'insaputa dei medici che, oltre a non aver determinato la guarigione, se ne sono presi il merito.
Domandiamo come è possibile che, dove non arriva la medicina ufficiale, possa far qualcosa un rametto di stipa. La coglie un pò d'ironia, ma non se la prende. Risponde, in pratica, che queste sono domande che si pone chi non ha il fuoco sacro: chi ce l'ha e le ha provate tutte e alla fine viene guarito da un pezzetto di scopa, allora è disposto a credere anche a un pezzetto di scopa. Non male come risposta.
Prima di andarcene vorremmo sapere il perchè di un certo mistero intorno alle formule rituali. E' vero che una volta rivelate perdono efficacia? Con pazienza ci spiega che non è difficile capire che certi "poteri" non devono essere dati a tutti. Qualcuno potrebbe usarli male, magari per sfruttare l'ingenuità altrui o averne un guadagno. Ecco perchè le formule e i riti devono essere rivelate a poche persone. Quelle più fidate.
Ci sembra giusto.

Il Potere delle Mani
Ad Aulla sono fortunati. Metti che uno inciampi e prenda una brutta storta, oppure che, viaggiando col finestrino della macchina aperto, si accorga di non poter più muovere la testa dal torcicollo. Non esiste problema, un salto (mica facile con una storta!) dalla Maga, e tutto si risolve nel giro di pochi minuti.
Pomate, gambaletti ortopedici, massaggi e fisioterapia? Neanche per sogno, roba fastidiosa e inutile. Basta la semplice imposizione delle mani, di questa signora che opera servendosi del fluido misterioso e benefico che la natura pare le abbia donato. Tutto questo ha un nome: pranoterapia. Crederci è una questione di fede e, a quanto pare, anche di risultati. Se la storta non passa o il torcicollo continua a farci vedere tutto inclinato, è difficile continuare ad essere praticante. Ma se il miracolo si compie non resta che prendeme atto, tenerlo presente per la prossima occasione. Naturalmente toccando ferro. Anche la signora, interrogata in proposito, non si dilunga in complicate spiegazioni, ma racconta che sin da piccola si era accorta che le sue mani sprigionavano "uno strano calore". Accostate ad una parte dolente del corpo, alleviavano la sensazione di dolore. Certe qualità, quando possono servire ad altri, si sa che è difficile tenerle nascoste.
E così cominciando quasi per gioco a imporre le mani su familiari e conoscenti, in breve si è ritrovata ad essere pranoterapeuta patentata. Attraverso la pratica, il suo campo di intervento si è allargato considerevolmente: dall'emicrania alla gotta. Il numero delle persone che ricorrono a lei cresce di continuo. Conosciutissima anche oltre i confini della sua cittadina è il più famoso esempio di pranoterapeuta che abbiamo incontrato durante il nostro viaggio.

Il Rabdomante di Terrarossa
I viaggi, lo sanno tutti, stancano. Ogni tanto bisogna fermarsi per ríposare, bere qualcosa. Anche noi lo abbiamo fatto, avevamo sete e ci siamo fermati in un bar. Volevamo un bicchier d'acqua. Lì, oltre all'acqua che cercavamo, c'è capitato di incontrare un signore con una curiosa particolarità: quella di saper trovare le falde acquifere e i metalli servendosi di un pendolino. Insomma, invece di trovare l'acqua cercandola con un rabdomante, abbiamo trovato un rabdomante cercando l'acqua. Magia anche questa?
A questo punto siamo convinti che tutto sia possibile, sotto il cielo magico della Lunigiana. Quindi, di buon grado, ascoltiamo senza batter ciglio quanto vuole raccontarci il gentile rappresentante della scienza "radiante" che abbiamo di fronte. I capelli bianchi un po' lunghi, gli conferiscono a prima vista, un'aria vagamente "artistica- intellettuale", ma un certo modo di fare e un "che" di vissuto nello sguardo ricordano certe foto di vecchi "garibaldini".
Ma ora il nostro anonimo interlocutore vuole essere messo alla prova. Con il suo pendolino magico indovinerà in quale mano teniamo le chiavi della macchina. Il primo tentativo è un fiasco. "Togliete le monete dalle tasche, ci ordina sicuro, possono creare delle interferenze". Così facciamo. E la seconda prova riesce. E la terza e la quarta e via di seguito, sino a che non possiamo che arrenderci. Arrenderci alla fortuna sfacciata o al pendolino. Fate voi..

La Signora dei Tarocchi
Malocchio, torcicollo, storte, fuoco sacro e altri guai. Per fortuna che ora sappiamo che c'è chi li cura. Ma non sarebbe più comodo trovare qualcuno che ci spieghi come evitarli? Anzi, senza voler sembrare troppo esigenti, ci vorrebbe proprio qualcuno capace di guardare nel futuro per vedere se ci stanno scritte, oltre alle disgrazie, anche parole come: felicità, amore, denaro.
I soliti bene informati suggeriscono di andare a Pontremoli. Pare che in paese vi sia una signora capace di cose incredibili. Cerchiamo un appuntamento, ma la persona che vogliamo incontrare non desidera farsi pubblicità, assolutamente non vuole che vi sia la minima possibilità di identificarla.
"Qualcuno potrebbe confondermi con certi ciarlatani che non cercano altro", spiega.
La signora dei tarocchi si considera una sensitiva. E un giorno scoprì i tarocchi. Cominciò da sola a dare una interpretazione dei segni che via via uscivano dal mazzo e in breve ricavò un sistema che ancora oggi usa. Persone di ogni tipo e condizione si rivolgono a lei per vedere al di là del giorno dopo.
L'amore, poi la salute, infine il denaro: questi sono i quesiti più ricorrenti che le carte devono risolvere. I tarocchi sul tavolo parlano e prevedono: "qui c'è un moretto in arrivo, là c'è qualcuno che non vede l'ora di tornare libero come l'aria. Attenzione al socio poco raccomandabile, piena fiducia invece in quella tal proposta: porterà un sacco di soldi."
Dice la signora: "Sentimenti, dolori e gioie delle persone si mescolano, nel mazzo dei tarocchi. lo li riordino sino a che tutto ha un significato. Come in un gioco di carte, niente altro che un gioco".
Ma se i tarocchi parlano delle persone, le persone parlano dei tarocchi. C'è anche chi racconta che la Signora dei Tarocchi avesse previsto agli inizi degli anni novanti, leggendo le carte, che Sandro Bondi sarebbe diventato «più importante di un ministro»

Il viaggio continua
Via via ci accorgiamo che non esiste paese o frazione in Lunigiana che non abbia il suo esperto in magia popolare.
Canbiano i riti, variano le formule. Se a Filattiera c'è chi guarisce il « fuoco sacro» con un amuleto confezionato lì per lì con nove foglie di rovo, a Zeri c'è chi usa una moneta d'argento e, all'occorenza, anche la sola fotografia dell'ammalato.
A Fivizzano il malocchio si fa «evaporare» facendo bollire le tre gocce d'acqua rivelatrici dell'incantesimo. La fantasia popolare racconta ancor oggi di incontri di streghe in un castello diroccato accanto a Mulazzo. Leggende e personaggi reali che formano quel pò di "polvere" della nostra storia che ci è rimasto addosso.
Questa polvere forse farà un pò starnutire gli increduli e ci sarà chi, a tutti costi, cercherà di spazzolarsela di dosso. Ma tutto sommato non è un pulviscolo fastidioso che acceca e penetra dapertutto. I personaggi che abbiamo incontrato fanno in silenzio cose di cui sono convinti e non pretendono che tutti gli altri credano.
E poi, diciamocelo, senza di loro la Lunigiana che terra magica sarebbe?

 

 
 
 
 

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