Alcune settimane si è svolta presso l’Istituto Cabrini una riunione riservata di medici di famiglia. È una prassi.
Periodicamente i medici si incontrano e discutono tra di loro.
Non tanto perché siano dei filosofi (come sosteneva nel terzo secolo dopo Cristo Galeno di Pergamo, secondo il quale per un buon medico l’etica è indispensabile perché l'intervento medicale non deve mai produrre il massimo guadagno per chi lo realizza), ma perché un medico, diversamente da un politico o da un altro professionista, viene giudicato solamente dai suoi colleghi più prossimi. E a porte chiuse.
Nella riunione del Cabrini subito si scontrano due tesi opposte. Il medico Drapchind sostiene che il paziente che paga deve essere curato meglio e seguito con più attenzione. Semplice! Chi paga dà qualcosa di suo ed è quindi giusto che riceva di più.
Invece il medico Filippi afferma che la salute è un diritto di tutti, che il medico di famiglia è già pagato dallo stato e quindi non deve accettare denaro e curare chiunque con la stessa passione, ricco o indigente, socievole o misantropo che sia.
La discussione si fa via via più pesante, i toni si alzano, le parole volano, finchè Filippi indignato batte i pugni e se ne va.
Per smorzare i toni qualcuno ricorda la consuetudine di un medico pontremolese degli anni settanta: i pazienti che gli portavano un salame passavano per primi.
Eppure Pontremoli e la Lunigiana hanno una grande tradizione di medici della scuola di Galeno. Come Mario Ferrari e Pietro Savini, entrambi di Filattiera, che all’inizio del Novecento divennero famosi per curare i malati a qualsiasi ora e con ogni tempo, rifiutando di essere retribuiti dalle famiglie più povere.
Ai tempi nostri il servizio sanitario è diventato un caposaldo sociale che ha funzionato ma che oggi è messo in crisi da tentativi subdoli di privatizzazione. Il medico di famiglia è già pagato e quindi ha un bel dire il medico Drapchind che chi paga va curato meglio. Ricevere denaro per un servizio già pagato dallo stato, secondo noi, è un reato. Grave.
Tutti quei pazienti che, per incoraggiare il loro medico di famiglia a non mancare una visitina a casa, sono disposti a sganciare banconote da 50 e 100 euro, farebbero bene a riflettere un pò. Il loro atteggiamento danneggia quei malati, forse più sofferenti, che quelle bustarelle non le possono pagare e quindi rischiano di essere trattati come pazienti di serie B. Se il loro medico non è della scuola di Galeno ma della «scuola del salame»
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