di Pierluigi Ghiggini
Il 25 novembre 1943, dopo l'attentato al federale Giuseppe Scolari, i fascisti circondano la casa di Campegine e arrestano i fratelli Cervi insieme ad altri partigiani. Fra questi c'è Dante Castellucci, il leggendario comandante Facio dell'Alta Lunigiana.
Facio si era avvicinato agli ideali comunisti e alla famiglia Cervi grazie a Otello Sarzi, un giovane teatrante conosciuto a Sant'Agata d'Esaro, in Calabria, dove lo stesso Sarzi era stato spedito al confino politico.
Nel carcere di Reggio Emilia Dante Castellucci riesce a spacciarsi per un cittadino francese: era emigrato con la famiglia a Parigi ancora bambino, e quindi poteva sfoggiare una "tournure" che avrebbe ingannato chiunque.
Viene cosi trasferito al carcere di Parma, dal quale riesce a fuggire calandosi dalle mura con una "treccia" di filo spinato. Ma improvvisamente e insniegabilmente scatta la strategia del sospetto: qualcuno mette in giro la voce che Castellucci in realtà avrebbe dovuto infiltrarsi nella formazione partigiana per fare la spia. Dal Partito di Reggio arriva l'ordìne di ucciderlo. Un ordine mai eseguito perché affidato proprio a Otello Sarzi e al partigiano sovietico Victor "Modena", i quali si lanciano sì sulle ,tracce di Facio, ma solo per perdere tempo e dargli il massimo respiro possibile. L'inseguimento mortale si trasforma in una sorta di gioco a guardie e ladri, in cui "Facio" lascia ai contadini che lo ospitano dei biglietti destinati ai suoi amici inseguitori. Il gioco finisce quando Facio torna nel parmense e da qui viene inviato ai monti nell'AltaVal di Taro. Ma non cessa di inseguirlo la sentenza di condanna che infine nel luglio 1944, trova consenzìente, su istigazione di Antonio "Salvatore" Cabrelli, un tribunale di guerra della IV zona operativa.
Ben strana sorte, quella di Facio perseguitato sulla base di verità ufficiali prive di fondamento e alla fine ucciso per ragioni ancora misteriose.Un mistero sul quale si addensano oltre quarant'anni di silenzi, di mezze verità, di bugie a tutto tondo.
Eppure oggi vengono alla luce circostanze inedite, clamorose, quasi incredibili. A rivelare la storia della "sentenza" di morte emessa dal Pci di Reggio Emiilia (o da una parte di esso) è lo stesso Otello Sarzi in una intervista rilasciata a Lunigìana la Sera, e che pubblichiamo a parte.
In questo modo Sarzi conferma, amplia e precisa con maggiori particolari alcune dichiarazioni rese a Liano Fanti e pubblicate su "Una storia di campagna", un libro in cui la vicenda dei fratelli Cervi viene trattata fuori dalle verità celebratìve con precisi rìferìmenti alle responsabilità del gruppo dirigente comunista reggiano.
Tutto ciò emerge ancor di più dall'intervista a Otello Sarzi Madidini ripubblicata in questo sito.
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