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IL CASO FACIO
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Parla Otello Sarzi, il partigiano che non volle uccidere Facio
 
Dante Castellucci? Il PCI reggiano lo voleva morto.
Cabrelli? Dopo la liberazione il mio primo impulso fu di regolare i conti con lui, ma Laura Seghettini mi scongiurò di non versare altro sangue.
Otello Sarzi Madinini partigiano con i fratelli Cervi e oggi teatrante di fama mondiale, rivela nuovi clamorosi retroscena sulla tragica vicenda del comandante Facio, suo grande amico.
Fu lo stesso Sarzi a ricevere da Ottavio Morgotti l'ordine di ucciderlo: ordine naturalmente non eseguito.
La storia di una lettera mai consegnata
 

Questa intervista è stata rilasciata in esclusiva a Lunigiana la Sera nel 1991 ed stata pubblicata sul mensile lunigianese nello stesso anno

Chi era per Lei Dante Castellucci?

"Avevo conosciuto Dante a Sant'Agata, in provincia di Cosenza, dove fui inviato al confino politico per diciassette mesi.
La sua famiglia era originaria di laggiù, ma dovette emigrare in Francia perché il padre ebbe presto i suoi guai con i fascisti. Rientrarono in Italia nel 1939: allo scoppio della guerra Dante fu mandato sul fronte francese. Lui però si rifiutò di sparare contro quelli che considerava "i suoi fratelli", e per questo venne degradato.
Poi, ferito sul fronte russo, tornò al Sant'Agata in convalescenza. Ecco come lo conobbi.
Quando tornai in Emilia Dante fuggì con me.
Lo nascondemmo nella nostra compagnia viaggiante e suonava il violino sotto falso nome."

Sarzi e Castellucci sono i primi ad unirsi alla famiglia Cervi nella guerra partigiana. Risponde a verità che Facio fosse un'insofferente, quasi uno scapestrato?
"Senza dubbio nel Partito le persone ìnquadrate lo consideravano un insofferente. Ma erano loro ad avere il paraocchi.
In realtà Dante era un combattente intelligente ed intrepido che, come i Cervi, preferiva agire subito anziché rimandare. Mi ricordo che il 25 luglio, a Fabbrico, non perse tempo e iniziò il giro delle case per farsi consegnare le camicie nere.
Ma si prese anche un paio di bastonate per aver impedito il linciaggio di un fascista: "Non si fa così", si mise a gridare. Lui era così: aveva un coraggio tremendo ma anche una pulizia tremenda."

Come ha saputo della fucilazione?
Alla fine della guerra io mi trovano in Piemonte. Fui liberato il 29 aprile e dopo circa un mese seppi che lo avevano massacrato. Ecco, questa è la parola giusta: massacrato. Decisi di andare dalla Laura (Laura Seghettini, ndr) sino a Pontremoli. Quando seppi tutta la storia, il mio primo istinto fu di cercare Salvatore (Antonio Cabrelli, ndr) per chiudere i conti una volta per tutte. Ma Laura mi scongiurò di non farlo.

Da una testimonianza di Vittorio Marini risulta che a casa Cervi incontravate spesso Giorgio Amendola, il quale sapeva che Cabrelli era stato espulso dalla Tunisia per sospetto spionaggio. Probabilmente sapeva anche del suo "compromesso " con i fascisti iniziato subito dopo il suo rientro a Parigi, continuato al campo del Vernet e per così dire "coronato" da un memoriale autografo scritto pochi giorni prima del suo arresto in Italia.
Amendola aveva mai parlato di tutto questo con voi, e in particolare con Dante? E' possibile che Facio sia stato ucciso perché "sapeva troppo" sul conto di Cabrelli?
"Lo escluderci. Con Amendola parlavamo solo della situazione contingente e dell'Unità clandestina da diffondere. Dante e Cabrelli provenivano entrambi dalla Francia, conoscevano bene il francese e, chissà, forse si saranno detti qualcosa di troppo . Facio aveva scritto anche un libro. "I deboli" si intitolava, e ne aveva un copia con sé."

Sa dov'è finita?
"Bruciata e depredata con il violino e tutto il resto, quando i fascisti devastarono la case dei Cervi.
Ma c'è qualcosa che potrebbe avere una relazione con la fucilazione di Facio: quando lui scappò dal carcere di Parma, lo sospettarono di esser diventato una spia fascista e diedero l'ordine di ammazzarlo."

E da chi arrivò quell'ordine?
"Dal Partito Comunista. 0 meglio, da qualcuno del partito. E'difficile dire chi fosse davvero il Partito, in quei momenti."

Chi ebbe l'incarico di eliminarlo?
"Direttamente a me, che lo conoscevo bene, e a Victor "Modena", un partigiano russo."

Da quale persona riceveste l'ordine?
"Da Ottavio Morgotti, il quale agiva per conto di qualcuno del partito."

Chi era Morgotti?
"Era un gappista. Ci incontrammo con lui dopo la fuga di Dante da Parma, in una casa di Rio Saliccto. Mi ci mandò mia sorella Lucia (che era una funzionaria del PCI N.d.R..). perchè dovevamo concordare un'azione.
Castellucci raccontò per filo e per segno come era riuscito a fuggire e mostrò a Morgotti le mani tutte piagate.
Era presente anche il padrone dì casa, un comunista con un grosso paio di baffi.

Ma questo è avvenuto prima o dopo l'ordine di eliminare Castellucci?
Prima, prima. Dopo l'incontro, Dante fu mandato a letto e io e Modena restammo a parlare con Morgotti. Lui ci disse che Castellucci doveva essere messo "in quarantena" , cioè tenuto sotto controllo. Ma il giorno successivo sempre da lui ricevemmo l'ordine di ucciderlo.
Comunque io e Victor ci guardammo bene da catturare Dante. Sapevamo benissimo che l'accusa era ingiusta. Dopo la fuga Dante aveva le mani e le gambe completamente piegate perché si era calato dal muro del carcere quando con un filo spinato. Poi si seppe anche che ad aiutarlo erano stati degli internati stranieri, inglesi e sovietici.
Dunque lo cercavamo a rilento per dargli ogni vantaggio possibile nella fuga. Lui restava a distanza, eppure ci inviava messaggi:; "Pensate a quello che fate - scriveva - perché state sbagliando".
E intanto ci faceva sapere dove era diretto.
Succedeva che entravamo in qualche casa di contadini dove magari lui era passato appena mezz'ora prima. Noi allora chiedevamo qualcosa da mangiare, restavamo li un bel pezzo e intanto il tempo passava e Dante accumulava chilometri di vantaggio.
Ma alla fine, invariabilmente, il contadino tirava fuori un biglietto di Dante per noi, può sembrare incredibile, ma lui comunicava la sua nuova direzione. Così l'inseguimento a distanza poteva continuare.
Ecco: un coraggio tremendo e una pulizia tremenda, che Dante dimostrò sino all'ultimo, anche quando fu lui stesso a gridare "sparate" al plotone di esecuzione."

E poi?
"Poi Dante passò definitivamente in provincia di Parma, e da lì in montagna.
Ho saputo che la notte prima dell'esecuzione scrisse tre lettere, una delle quali indirizzata a me. lo però non l'ho mai ricevuta.
Dicono che l'abbia trattenuta Cabrelli perchè, secondo lui, conteneva elementi a sua discolpa."

A discolpa di chi?
A discolpa di Cabrelli. Almeno così si dice. Chissà cosa vi era scritto, chissà chi l'ha trattenuta, chissà dove è finita. (p.l. ghiggini)

 
 
                             
  ILCASO FACIO/PER APPROFONDIRE .....  
               
                             
 

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Il finto processo e le verità nascoste

 

Parla Laura Seghettini

 

Uccidete Facio: il PCI di Reggio Emilia

  Così Cabrelli diventò fascista   Parla Otello Sarzi   Un giallo politico  
                             
 
 
 
 
 
 
 
il caso facio Lunigiana la Sera
 
LUNIGIANA la SERA, Ottobre 1990
 
 
FACIO, CHI ERA

Dante Costellucci, detto Facio, è stato uno dei capi più coraggiosi della guerra partigiana.
Fu fucilato nel 1944 col pretesto del furto di un lancio. Dietro quel finto processo ombre e verità sulle quali ormai si deve far luce.
Come ha scritto Mauro Calamandrei: «Non è Facio che dobbiamo compiangere; compiangiamo invece i suoi fucilatori e soprattutto i loro mandanti, capaci di tanta scelleratezza»


Questi articoli sono stati pubblicati nel mese di ottobre 1990 sul mensile Lunigiana la Sera.
 

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